Giurisprudenza sulla cittadinanza

La giurisprudenza ha nel corso degli anni meglio precisato requisiti per l’ottenimento della cittadinanza ed i confini della discrezionalità della pubblica amministrazione con riferimento ai provvedimenti di concessione della cittadinanza, stabilendo inoltre quali siano gli obblighi di motivazione delle decisioni concernenti tali procedimenti.

Di seguito alcune delle decisioni di maggior rilevanza.

Anno 2019

Consiglio di Stato, sez. III, 14 maggio 2019, n. 3121
L'amministrazione non può, nel denegare il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione richiesto ai sensi dell'art. 9 della l. n. 92 del 1991, fondare il proprio giudizio di mancato inserimento sociale sull'astratta tipologia del reato e sulla sua pericolosità, astratta o presunta, senza apprezzare tutte le circostanze del fatto concreto e, benché la sua valutazione sia finalizzata a scopi autonomi e diversi da quella del giudice penale che ha concesso l'estinzione del reato, esimersi da una considerazione in concreto della condotta sanzionata, delle sue modalità, del suo effettivo disvalore come anche della personalità del soggetto.
In sostanza, il portato di discrezionalità che connota l'atto in questione comporta accurati apprezzamenti da parte dell'amministrazione sulla personalità e sulla condotta di vita dell'interessato e si esplica in un potere valutativo circa l'avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale sotto i molteplici profili della sua condizione lavorativa, economica, familiare e di irreprensibilità della condotta (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 6 settembre 2018 n. 5262 e 12 novembre 2014, n. 5571; Id., sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913, 10 gennaio 2011, n. 52 nonché 26 gennaio 2010, n. 282).

Corte di giustizia dell'Unione europea, Grande sezione, sentenza nella causa C-221/17 del 12 marzo 2019

L'articolo 20 TFUE, letto alla luce degli articoli 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale (Paesi Bassi), che prevede, a determinate condizioni, la perdita ipso iure della cittadinanza di tale Stato membro comportando, nel caso di persone che non sono in possesso anche della cittadinanza di un altro Stato membro, la perdita del loro status di cittadino dell'Unione europea e dei diritti ad esso correlati, a condizione che le autorità nazionali competenti, inclusi, se del caso, gli organi giurisdizionali nazionali, possano esaminare, in via incidentale, le conseguenze di tale perdita della cittadinanza e, eventualmente, far riacquistare ex tunc la cittadinanza agli interessati, in occasione della domanda, da parte dei medesimi, di un documento di viaggio o di qualsiasi altro documento comprovante la loro cittadinanza. Nell'ambito di siffatto esame, tali autorità e organi giurisdizionali devono verificare se la perdita della cittadinanza dello Stato membro interessato, che comporta quella dello status di cittadino dell'Unione, rispetti il principio di proporzionalità con riferimento alle conseguenze che essa determina sulla situazione di ogni interessato e, se del caso, dei suoi familiari, sotto il profilo del diritto dell'Unione.

TAR Lazio, sez. I-ter, 14 febbraio 2019, n. 02008

La domanda di risarcimento danni maturati a seguito del silenzio serbato sull'istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, l. n. 91 del 1992, va respinta quando il decreto di conferimento sia stato inviato alla firma entro il nuovo termine di 48 mesi ora previsto dall'art. 14 del decreto legge n. 113 del 2018 (convertito in legge 132/2018) che, ai sensi del comma 2 si applica "ai procedimenti di conferimento della cittadinanza in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto".

TAR Toscana, sez. II, 9 gennaio 2019, n. 25

L'acquisto della cittadinanza per matrimonio esclude un potere discrezionale da parte dell'Amministrazione nel valutare le condizioni che osterebbero a tale concessione. Infatti, dinanzi a tale situazione, l'unico motivo su cui potrebbe basare il diniego alla concessione della cittadinanza italiana è quello che attiene la sicurezza della Repubblica, esistendo un vero e proprio diritto soggettivo in favore del richiedente all'acquisto della cittadinanza per matrimonio,

Anno 2018

TRGA Trento, ordinanza del 9 ottobre 2018, n. 211
Nessuna delle disposizioni del Testo unico immigrazione relative alle facoltà connesse alle varie tipologie di permesso di soggiorno si occupa del permesso per attesa cittadinanza italiana iure sanguinis di cui alla legge n. 379 del 2000. Quindi, come più volte precisato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. III, 12 ottobre 2017, n. 4738), l'ordinamento giuridico italiano non conosce alcun principio di generale convertibilità delle varie tipologie di titolo di soggiorno, che va considerata piuttosto come eccezione alla regola, applicabile nei soli casi tassativamente previsti, che costituiscono un numero chiuso. E d'altra parte l'applicazione dell'analogia nella determinazione dello status dei cittadini extracomunitari si risolverebbe in una innovazione del sistema, non consentita al Giudice (Corte costituzionale, sentenza 12 dicembre 2014, n. 277)
Non si rinviene, pertanto, nel sistema alcuna norma che consenta lo svolgimento di attività lavorativa ai soggetti in attesa di cittadinanza iure sanguinis.
Accertato lo "schema legale" attualmente vigente, il T.r.g.a. dubita tuttavia della sua legittimità costituzionale, ed ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 14 dicembre 2000, n. 379 e dell'art. 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in relazione all'art. 3 della Costituzione e del principio di ragionevolezza, con riferimento alla situazione di quei soggetti che, per essere discendenti di persone nate e già residenti nei territori che sono appartenuti all'Impero austro-ungarico prima del 16 luglio 1920, emigrate all'estero, possono ottenere la cittadinanza ai sensi della normativa speciale di cui alla menzionata legge n. 379 del 2000, senza che tale riconoscimento risulti subordinato al possesso di un titolo di soggiorno, e che, tuttavia, proprio perché privi di un permesso di soggiorno (diverso da quello per "attesa cittadinanza" di cui all'art. 11, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 394 del 1999 che non è convertibile in permesso per lavoro), non possono svolgere attività lavorativa nell'attesa di ottenere la cittadinanza italiana.

Tar Lazio, sez. I, sent. 23.7.2018 n. 8318
La scarsa conoscenza della lingua italiana, orale e scritta, costituisce un elemento determinante nella valutazione della non ancora sufficiente integrazione dello straniero nel tessuto sociale e nella comunità nazionale. Non è, pertanto, irragionevole il diniego della cittadinanza disposta dall'Amministrazione sulla base della non completa integrazione nella collettività nazionale dell'interessato in relazione alla non piena conoscenza della lingua, presupposto fondamentale della integrazione

Tar Lazio Roma, sez. I-ter, 24 gennaio 2018, n. 891
Ai fini della concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f), della legge 5 febbraio 1992, n. 51, deve ritenersi che l'amplissima discrezionalità dell'Amministrazione in questo procedimento si esplichi in un potere valutativo che "si traduce in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta" (Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; Cons. Stato, Sez. VI, n. 52 del 10 gennaio 2011; Cons. Stato, Sez. VI, n. 282 del 26 gennaio 2010; Tar Lazio, Sez seconda - quater n. 3547 del 18 aprile 2012).
Trattandosi di esercizio di potere discrezionale da parte dell'amministrazione, il sindacato sulla valutazione compiuta dall'Amministrazione, non può che essere di natura estrinseca e formale; non può spingersi, quindi, al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole" (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; Tar Lazio seconda - quater n. 5665 del 19 giugno 2012).

Anno 2017

Corte Costituzionale sentenza n. 258 dell' 8 novembre - 7 dicembre 2017
La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 nella parte in cui non prevede che sia esonerata dal giuramento la persona incapace di soddisfare tale adempimento in ragione di grave e accertata condizione di disabilità.

Corte di cassazione, I sez., 17 gennaio 2017, n. 969
Fra le condizioni ostative all'acquisto della cittadinanza italiana, tanto ai sensi dell'art. 5 della l. 91 del 1992, quanto in ordine alle più rigorose condizioni contenute nella novella introdotta dalla l. n. 94 del 2009, non può individuarsi la "separazione di fatto" dei coniugi, poiché le predette condizioni ostative non possono essere fondate su clausole elastiche, ma su requisiti di natura esclusivamente giuridica, predeterminati e non rimessi ad un accertamento di fatto dell'autorità amministrativa. Al momento dell'adozione del decreto di cittadinanza non devono essere intervenute condizioni ostative quali la separazione personale, ma da tale fattispecie differisce la separazione di fatto, che, pertanto, non impedisce il riconoscimento della cittadinanza.
La cittadina straniera sposata con un italiano, pertanto, acquisisce la cittadinanza italiana anche se nei due anni successivi al matrimonio sia intervenuta una separazione di fatto.

Anno 2016

Tar Lazio, sez. II- Quater, sent. n. 8967 del 2 agosto 2016
Va accolto il ricorso avverso il diniego del rilascio di cittadinanza italiana, diniego motivato dalla scarsa conoscenza della lingua italiana e dall'insufficiente inserimento dell'interessato nel contesto sociale nazionale. Infatti, per essere impeditiva al rilascio della cittadinanza, la carenza dell'italiano nello straniero, tale da dimostrare il non completo inserimento nel contesto sociale del territorio nel quale vive, deve poter essere verificata con adeguatezza in sede di istruttoria e accompagnata, in caso di diniego, da congrua motivazione.

Anno 2015

Tribunale di Milano, sentenza del 29 gennaio 2015
Non è necessaria la residenza dei genitori al momento della nascita per l’acquisto della cittadinanza italiana al diciottesimo anno Il Giudice ha affermato che il requisito della regolarità del soggiorno dei genitori del richiedente non è previsto quale condizione per il riconoscimento della cittadinanza ai sensi dell’art. 4 co. 2 L. 91 del 1992 disposizione che nulla dice circa la regolarità del soggiorno dei genitori e che, in ogni caso, non possono farsi gravare sul richiedente ritardi nell’iscrizione anagrafica posti in essere dai genitori a fronte di una permanenza effettiva ed ininterrotta sul Territorio Nazionale.

Anno 2014

Corte di Appello di Genova, sentenza n. 1256 del 7 ottobre 2014
Con la sentenza in questione la Corte di Appello conformandosi alla giurisprudenza costante della Suprema Corte e del Consiglio di Stato, ha affermato che, in caso di mancata emissione del decreto di acquisto della cittadinanza, come di rigetto della relativa istanza presentata dal richiedente in possesso dei requisiti di legge, trovandosi quest’ultimo in una posizione di diritto soggettivo e non residuando in capo all’amministrazione alcun potere di valutazione discrezionale, in caso di giudizio, la giurisdizione appartiene del giudice ordinario.
L’inutile decorso del termine di due anni dalla richiesta di ottenimento della cittadinanza, ai sensi dell’art. 8, comma 2, Legge n. 91 del 1992, preclude, infatti, all’amministrazione procedente l’esercizio di un potere discrezionale in merito alla sussistenza di motivi ostativi per ragioni di sicurezza della Repubblica (art. 6, comma 1, lett. c, Legge n. 91 del 1992) all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero o apolide di cittadino italiano.

Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sentenza n. 2257 del 26 febbraio 2014
Il tribunale ha accolto l'azione collettiva presentata per chiedere il rispetto dei termini previsti dalla legge italiana (730 i giorni) entro i quali lo Stato deve concludere la procedura di riconoscimento della cittadinanza italiana.
La sentenza del Tar ha riconosciuto la "violazione generalizzata dei termini di conclusione del procedimento sull'istanza di rilascio della concessione della cittadinanza italiana ed ha intimato al Ministero dell'Interno di "porre rimedio a tale situazione mediante l'adozione degli opportuni provvedimenti entro il termine di un anno dalla sentenza”.

Anni 2012- 2013


Tribunale di Roma
Ha diritto all’acquisto della cittadinanza italiana lo straniero nato in Italia i cui genitori non avevamo al momento della nascita la residenza anagrafica in Italia (residenza ottenuta solo 11 mesi dopo).
Nella legislazione nazionale e sopranazionale, cosi come pure nella giurisprudenza europea e nazionale, il concetto di residenza legale “non coincide con la residenza anagrafica né con la regolare residenza in Italia dei genitori”. Pertanto le norme secondarie (D.P.R. n. 572/93 e le circolari ministeriali) che richiedono ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, residenza anagrafica e permesso di soggiorno dei genitori, sono in contrasto con la fonte primaria (legge n. 91/92) che richiede la sola residenza legale ininterrotta, e possono, di conseguenza, essere disapplicate dal giudice.

Tribunale di Lecce
Ha diritto di acquisire la cittadinanza italiana lo straniero nato in Italia, anche da genitori irregolari, che in possesso dei presupposti per ottenere la "legale residenza", non l'abbia sin dall'inizio ottenuta per omissione da parte dei soggetti affidatari, non avendo l'interessato, per motivi legati all'età, alcuna responsabilità per fatti o omissioni altrui.

Tribunale di Reggio Emilia, decreto del 31 gennaio 2013
Ha diritto ad acquisire la cittadinanza il giovane straniero nato in Italia e che vi ha vissuto sino alla maggiore età anche se è mancata per alcuni anni l’iscrizione anagrafica.

Tribunale di Imperia, sentenza del 10 settembre 2012
I minori nati in Italia possono acquistare la cittadinanza italiana anche se i genitori non erano legalmente residenti in Italia al momento della loro nascita.

Tribunale di Pordenone, decreto n. 492 del 13 luglio 2012

Il minore vanta un diritto a risiedere in Italia ex se, cioè indipendentemente dalla situazione di legalità dei genitori, qualora sia nato sul territorio italiano e non vi siano motivi di ordine pubblico, originari o sopravvenuti, atti a giustificarne un’espulsione. Il concetto di residenza legale ad esso riferito deve essere interpretato in senso ampio, ovvero come assenza di motivi ostativi alla permanenza del suddetto minore nel territorio dello Stato e come diritto del medesimo di vivere con i suoi genitori soggiornanti in Italia.

Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza del 5 giugno 2012, n. 3306
Illegittimo negare la cittadinanza se il richiedente non dimostra il reddito richiesto in modo autonomo ma lo raggiunge grazie alle condizioni economiche della famiglia nel suo complesso.
Tribunale di Padova, decreto n. 120 dell'11 maggio 2012. Ai fini dell'acquisto di cittadinanza da parte del figlio minore all'atto dell'acquisto da parte del genitore con cui convive, rileva anche la convivenza all'estero, non essendo questa inficiata dal fatto che il genitore dimori con il figlio per periodi intervallati da assenze dovute a motivi di lavoro o altre ragioni, purche' tra genitori e figli permanga una continuita' di convivenza sufficiente a mantenere tra di loro un legame anche fisico.
Corte d'Appello di Napoli, Prima Sezione , sentenza n. 1486 del 26 aprile 2012.
Non possono imputarsi al minore, nato in Italia e figlio di genitori stranieri, gli inadempimenti di questi ultimi circa i permessi di soggiorno e/o le formalità anagrafiche; pertanto quello che conta è la situazione di effettiva e stabile permanenza del minore nel territorio sin dalla nascita ed il suo inserimento nel tessuto socio-culturale.

Anni precedenti al 2012

Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sentenza n. 730 del 25 gennaio 2011
La mancata adozione di un provvedimento di concessione o diniego della cittadinanza entro i termini previsti dalla legge non porta al formarsi di un silenzio-rifiuto, dovendo in ogni caso il Ministero dell’Interno pronunciarsi con un provvedimento espresso.

Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sentenza n. 37926 del 21 dicembre 2010
La sentenza ha stabilito che l’Amministrazione ha il dovere di comunicare i motivi ostativi attraverso il preavviso di rigetto dell’istanza, permettendo, quindi, allo straniero di far valere le sue ragioni o fornire chiarimenti in merito a quanto rilevato dalla stessa autorità.

Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sentenza n. 33280 del 8 novembre 2010
Il ritardo nella conclusione del procedimento concessorio della cittadinanza italiana (oltre i 730 giorni dalla data di presentazione della domanda) costituisce un comportamento ingiustificato da parte dell’Amministrazione procedente, che seppur non portando ad un accoglimento tacito dell’istanza permette la messa in mora dell’amministrazione.

Corte di Cassazione, sentenza del 20 aprile 2009, n. 12680

Il permesso di soggiorno per attesa cittadinanza è da annoverare tra quei permessi che garantiscono maggiore stabilità "rispetto a tutte le altre ipotesi di permesso" e, pertanto anche se non menzionato dall'art. 28 del Testo Unico sull'Immigrazione tra quelli "idonei a far sorgere il diritto all'unità familiare”, da comunque diritto alla possibilità di richiedere il ricongiungimento familiare.
Sentenza del T.A.R. del Veneto del 28 aprile 2008 n.1138
Per la concessione della cittadinanza "non è necessaria la percezione di un reddito di carattere retributivo o stabile, ma è sufficiente provare il possesso di mezzi di sussistenza idonei" (es. borse di studio, somme percepite a titolo di risarcimento danni, ecc).