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05 ottobre 2021

Vaccinazione dei richiedenti asilo nei centri di accoglienza


Il Viminale chiede ai gestori di attivarsi per seconda dose e green pass 

I gestori dei centri di accoglienza devono informare i richiedenti asilo su come accedere al vaccino e al Green Pass, verificare se hanno già ricevuto la prima dose e attivarsi perché possano accedere anche alla seconda.

Queste le indicazioni date qualche giorno fa dal Ministero dell’Interno a tutte le prefetture e al Servizio Centrale del Sistema di Accoglienza e Integrazione. Sono contenute in una circolare che ha per oggetto “Vaccinazione dei richiedenti asilo presenti nei centri di accoglienza”, che tra le altre cose ricorda le procedure di vaccinazione contro il Covid-19 avviate nei luoghi di sbarco e alle frontiere terrestri, oltre a quelle che hanno coinvolto le persone evacuate con il ponte aereo dall’Afghanistan.

Ora, scrive la Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’immigrazione e l’asilo, bisogna “assicurare la somministrazione della seconda dose” (quando prevista). Di qui la richiesta ai gestori dei centri di attivarsi, con le indicazioni su come registrare poi l’avvenuta somministrazione e anche su come scaricare il Green Pass per gli ospiti, che non sono iscritti al SSN ma sono in possesso di un codice STP.

Un Dossier pubblicato lo scorso luglio dal Tavolo Asilo e Immigrazione e dal Tavolo Immigrazione e Salute, basato su interviste condotte nel maggio precedente nelle strutture di accoglienza (SAI, CAS e strutture per senza fissa dimora), ha evidenziato diffuse resistenze a vaccinarsi tra gli ospiti.

Gli ospiti intervistati dichiarano “in netta maggioranza di essere a conoscenza della disponibilità di un vaccino per evitare di ammalarsi di COVID-19 (89,3%)”, ma “l’intenzione di farlo (compresi quelli che dichiarano di aver già effettuato la prenotazione o ricevuto il vaccino) si ferma al 40,9% degli intervistati. Vi è poi il 37% del campione che dichiara di non volersi sottoporre al vaccino e il 20,1% non sa, non ha maturato una opinione/scelta al riguardo”.

Il monitoraggio ha indagato anche le motivazioni alla base dell’indisponibilità al vaccino. Considerando unitariamente i “no” e i “non so”, la motivazione prevalente (che riguarda il 46% delle risposte totali) consiste nel ritenere che “il vaccino può essere pericoloso”. Segue, nell’ordine, la motivazione “non ho fiducia negli operatori sanitari e nelle informazioni che danno”(15,3%).