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20 novembre 2020

COVID-19, le indicazioni dell’INMP per sistema di accoglienza, insediamenti informali e occupazioni


Indicazioni operative ad interim per la gestione di strutture con persone ad elevata fragilità e marginalità socio-sanitaria nel quadro dell’epidemia di COVID-19

“Una catena è forte quanto il suo anello più debole”. Parole di Christiaan Barnard, scelte dallIstituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (INMP)  come epigrafe delle “Indicazioni operative ad interim per la gestione di strutture con persone ad elevata fragilità e marginalità socio-sanitaria nel quadro dell’epidemia di COVID-19". Un modo per ribadire che non si può affrontare questa emergenza sanitaria senza guardare anche agli “ultimi” e a quanto la loro condizione sia indissolubilmente legata a quella di tutti gli altri.  
 
In particolare, il documento pubblicato la scorsa estate e recentemente aggiornato dall’INMP, prende in considerazione due categorie di vulnerabili. Da un lato, i cittadini migranti  (anche minori non accompagnati) si trovano nelle strutture di prima e seconda accoglienza o nei centri per il rimpatrio, dall'altro le persone italiane e straniere senza fissa dimora o che abitano in insediamenti informali e in edifici occupati, soggetti particolarmente difficili da raggiungere e da trattare.   
 
Le indicazioni operative vogliono fornire "procedure chiare e facilmente applicabili, coerenti con il complesso normativo prodotto in Italia nel periodo dell’emergenza per COVID-19 e che si basino sull’evidenza e sulle buone prassi, al fine di ridurre il rischio di infezione o contenerne la diffusione nelle fasce più vulnerabili della popolazione”. Sono destinate a chi è a vario titolo responsabile di queste comunità: asl, prefetture, Comuni, gestori dell’accoglienza ed enti del terzo settore.  
 
Gli interventi di prevenzione, l’individuazione precoce dei casi sospetti di infezione e presa in carico si adeguano alle diverse classi di rischio, che a loro volta vengono definite in base ai luoghi abitati, alla mobilità tra questi e l’ambiente esterno, alle condizioni di salute preesistenti e alla fascia d’età. Tutte variabili prese in considerazione dall’INMP che definisce poi "le azioni da intraprendere affinché nei setting di accoglienza e in quelli a organizzazione scarsa o nulla in cui si erogano servizi essenziali si possa operare in sicurezza nei confronti del virus, mitigando il rischio e individuando precocemente eventuali casi o cluster epidemici". 
 
Dalla valutazione del rischio si passa alla riorganizzazione delle attività e all’adattamento dei locali, ma grande importanza hanno anche la formazione degli operatori e l’educazione sanitaria degli ospiti, così come il flusso informativo da garantire tra questi luoghi e i servizi sanitari. Sono tutti interventi da “personalizzare” nei diversi setting secondo due procedure identificate da INMP, una per l’accoglienza organizzata in comunità aperte e chiuse, l’altra dove l’organizzazione è scarsa o nulla e “dove le azioni preparatorie, per primo l’ingaggio della società civile e del terzo settore, giocano un ruolo centrale”. 
 
Le indicazioni operative sono state realizzate in collaborazione con l’ANCI, l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero dell’Interno, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il Dipartimento delle Politiche Antidroga e il Dipartimento della Protezione Civile. “Sono ad interim – sottolinea INMP - proprio perché fortemente legate alla situazione epidemiologica attuale e, quindi, suscettibili di variazioni conseguenti al variare dell’epidemiologia stessa del nuovo coronavirus”.