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17 novembre 2022

Cambiamenti climatici, allarme ONU: "Più guerre ed esodi dal Sahel"


"Le comunità si basano su agricoltura e pastorizia. Servono azioni coraggiose di mitigazione e adattamento al clima"

Senza investimenti urgenti nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici, i Paesi del Sahel rischiano decenni di conflitti armati ed esodi esacerbati dall’aumento delle temperature, dalla scarsità di risorse e dall’insicurezza alimentare.

È l'appello lanciato ieri dal Coordinatore speciale delle Nazioni Unite per lo sviluppo del Sahel e dall’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, in occasione della pubblicazione del rapporto Moving from Reaction to Action: Anticipating Vulnerability Hotspots in the Sahel. Se non controllata, l’emergenza climatica metterà ulteriormente a rischio le comunità saheliane, in quanto inondazioni, siccità e ondate di calore devastanti comprometteranno l’accesso all’acqua, al cibo e ai mezzi di sussistenza e amplificheranno il rischio di conflitti. In ultima analisi, ciò costringerà un numero crescente di persone a fuggire dalle proprie case.

“Nel Sahel, la crisi climatica si combina con l’aumento dell’instabilità e con il basso livello di investimenti nello sviluppo, creando un mix depotenziante che grava pesantemente sulle comunità saheliane, con il rischio ulteriore di compromettere il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, ha dichiarato il Coordinatore speciale delle Nazioni Unite per lo sviluppo nel Sahel, Abdoulaye Mar Dieye. “Esistono soluzioni, incentrate sull’iniziativa delle persone e sugli investimenti su scala, ma richiedono un impegno e una dedizione risoluti da parte di tutti, nonché i dati e le analisi giusti per sapere cosa sta per accadere, al fine di attuare risposte politiche proattive e d’impatto”.

Il rapporto prende in esame i 10 Paesi interessati dalla Strategia integrata delle Nazioni Unite per il Sahel e dal relativo Piano di sostegno in Africa occidentale e centrale: Burkina Faso, Camerun, Ciad, Gambia, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria e Senegal.

Le comunità del Sahel si basano sull’agricoltura e sulla pastorizia, che sono altamente vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. L’insicurezza alimentare sta già aumentando in tutta la regione, raggiungendo livelli di emergenza in alcune aree. A lungo termine, si prevede che i raccolti di mais, miglio e sorgo diminuiranno a causa degli shock climatici, logorando la resilienza delle popolazioni locali.

“L’aumento delle temperature e le condizioni meteorologiche estreme nel Sahel stanno aggravando i conflitti armati, che stanno già distruggendo i mezzi di sussistenza, interrompendo la sicurezza alimentare e provocando migrazioni forzate”, ha dichiarato Andrew Harper, consigliere speciale dell’UNHCR per l’Azione per il clima. “Solo un massiccio impulso alla mitigazione e all’adattamento climatico collettivo può alleviare le conseguenze umanitarie attuali e future”.

Anche con politiche ambiziose di mitigazione del clima, si prevede che le temperature nel Sahel aumenteranno di 2,5°C entro il 2080. Se l’azione urgente viene ulteriormente ritardata, potrebbero aumentare di 4,3°C.

Nonostante le tendenze negative, il Sahel è dotato di abbondanti risorse naturali. La regione si trova su una delle più grandi falde acquifere dell’Africa e ha un immenso potenziale per le energie rinnovabili, compresa un’abbondante capacità di energia solare, e una popolazione giovane e dinamica – circa il 64% dei saheliani ha meno di 25 anni.

Se si intraprendono subito azioni coraggiose di mitigazione e adattamento al clima per sostenere i Paesi e le comunità saheliane e si dà priorità alla collaborazione tra i pilastri umanitario, dello sviluppo e della costruzione della pace, c’è un grande potenziale per cambiare la traiettoria della regione.

Fonte: UNHCR