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12 dicembre 2019

BEE MY JOB


E altre buone prassi per l’inclusione dei rifugiati nel settore agricolo

Si è svolta il 13 dicembre a Roma la conferenza "Rifugiati in agricoltura. Il progetto Bee My Job e altre esperienze contro lo sfruttamento lavorativo in agricoltura". L'incontro, promosso dall'Associazione di Promozione Sociale Cambalache e dall'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha dato l'occasione per condividere e promuovere percorsi di inclusione per i rifugiati nel settore agricolo che combattono la piaga del caporalato e contrastano concretamente lo sfruttamento.

Il settore agricolo in Italia è caratterizzato da rapporti di lavoro instabili, di breve durata e legati alla stagionalità. Un contesto dove spesso a essere utilizzati come manodopera sfruttata sono migranti e rifugiati: uomini e donne giunti in Italia alla ricerca di protezione e di un futuro migliore e che si trovano invece vittime di un sistema di caporalato che impone lavoro sottopagato e dequalificato.

Ma ci sono realtà dove queste regole criminali non funzionano, dove è stato possibile aprire possibilità di professionalizzazione qualificata, inclusione sociale e lavorativa efficace, percorsi di consapevolezza e indipendenza, consentendo a migranti, rifugiati e richiedenti asilo di essere protagonisti del proprio futuro.

Il percorso preso a modello è Bee My Job, progetto di apicoltura e agricoltura sociale, nato nel 2015 ad Alessandria, grazie all'Associazione di Promozione Sociale Cambalache. Una formula virtuosa che combina percorsi di formazione, moduli di orientamento e sicurezza sul lavoro, lingua italiana settoriale e inserimento in aziende del territorio tramite tirocinio, che dalla sua nascita ha formato oltre 170 rifugiati e richiedenti asilo, attivando oltre 100 tirocini in varie zone d'Italia.

"La nostra esperienza – spiega Cambalache – dimostra che è possibile costruire percorsi di inclusione efficaci in grado di garantire una crescita e un inserimento professionale ai rifugiati, fornendo loro anche gli strumenti per muoversi e orientarsi nella società in cui sono entrati a fare parte. Questi percorsi al tempo stesso hanno effetti positivi sui territori dove si realizzano, grazie alla messa in rete dei diversi attori sociali, come realtà associative, enti del Terzo Settore, istituzioni e privati, e grazie al coinvolgimento della cittadinanza attraverso un'opera di sensibilizzazione".  

Il modello è stato scelto dall'UNHCR come best practice, sia per le sue capacità di formazione e le prospettive che offre in termini di inclusione, sia per l'impegno contro ogni forma di sfruttamento in agricoltura, grazie all'adozione di una carta etica da far sottoscrivere alle aziende che aderiscono al progetto. A dimostrazione della sua validità, è stata proprio l'Agenzia dell'ONU a promuovere quest'anno un percorso di capacity-building targato Bee My Job in sei tappe sul territorio italiano al fine di far conoscere il modello e promuoverne la replica.

 

Per maggiori informazioni:

https://www.beemyjob.it/

https://www.unhcr.it/chi-siamo/partenariati/cambalache