"La memoria dell'acqua" di Patricio Guzmán

"Siamo tutti ruscelli di una stessa acqua"
La memoria dell'acqua (2015) di Patricio Guzmán racconta la storia del Cile partendo da 10.000 anni fa, quando queste terre inospitali (soprattutto la Patagonia occidentale) vennero popolate dai primi gruppi di uomini, ma anche da molto prima, addirittura dalla cometa che diede probabilmente inizio alla vita sulla Terra attraverso l’acqua che cosparse sul suolo inanimato.

È infatti l'acqua il filo conduttore del racconto, non solo filmico, ma di tutto ciò che esiste. "Siamo tutti ruscelli di una stessa acqua" è la citazione del poeta cileno Raúl Zurita con cui Guzmán apre le danze per poi catapultare lo spettatore tra immagini di una natura sbalorditiva, imperiosa, in mezzo alle migliaia di isole che formano la regione meridionale del Cile, Paese lunghissimo che vede i suoi 4.300 km affacciarsi interamente su quel padre immenso e spaventoso che è l’Oceano Pacifico.

Tutto nasce dall’acqua, e anche noi, come ogni cosa che vive, siamo in gran parte fatti d'acqua. L'acqua è l'intermediario tra astri e creature, assorbe l'energia dei primi per trasmetterla a ogni angolo della Terra. Lo sapevano bene le comunità indigene che per prime sposarono il ritmo di questi territori sudamericani: i Selknams, i Chono, gli Yàmana, gli Alacalufe e gli Ona, popolazioni che si muovevano in canoa e si nutrivano di quello che l'Oceano offriva, affidando così la loro vita all'acqua.

Con la graduale estinzione di queste comunità, perpetrata in gran parte dai coloni per usurpare le loro terre – spesso e volentieri con efferata crudeltà –, anche quest'armonia con il cosmo di cui l'acqua era la chiave venne piano piano svanendo. L'ceano oggi non è più elemento identitario per eccellenza dei cileni. Il riflesso di questa perdita è rappresentato storicamente dapprima, appunto, dall'arrivo dei coloni nell’Ottocento (allevatori, militari, missionari…) e poi – dopo un breve periodo in cui il governo di Salvador Allende cercò di restituire le terre agli indigeni – con la dittatura di Pinochet appoggiata dalla CIA che decimò completamente i nativi (oggi ne sono rimasti solo venti discendenti diretti, alcuni dei quali offrono la loro testimonianza a Guzmán). Ma la dittatura inflisse anche altre gravi ferite al Paese imprigionando ed eliminando tutti i dissidenti del nuovo governo. Molti sono stati uccisi, e tra le 1200 e le 1400 persone gettate dagli elicotteri per farle sparire nell'Oceano, legandole col fil di ferro a un pezzo di binario di trenta chili e coprendole con sacchi di patate.

Se è vero che l’acqua ha memoria, di sicuro non potrà mai dimenticarsi di questi eccidi e genocidi che macchiano la coscienza dell'intera umanità.

Ma l'acqua, come ricorda lo stesso Guzmán, è "morbida" e adattabile come la mente dell’essere umano, un essere umano che quindi ha il dovere di riconoscere i propri errori – per cui il primo passo è non dimenticarli – e impegnarsi per ritrovare e mantenere l'equilibrio con il mondo e tra tutti gli esseri umani, che riscopriamo così – ma più che una riscoperta deve essere un punto di partenza costante per ogni azione e decisione – esistere a causa dello stesso motivo. Siamo tutti figli di una stessa cometa e di una stessa acqua e il rispetto per l'altro è l’unico modo per sancire questa unione e garantire l’armonia su questo piccolo pianeta.

Il film si è aggiudicato l'Orso d'Argento per la migliore sceneggiatura al Festival del Cinema di Berlino nel 2015.