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21 gennaio 2022

Povertà lavorativa, le proposte del gruppo di lavoro


Un combinazione di politiche predistributive, redistributive e misure trasversali per contrastare un fenomeno che colpisce anche molti lavoratori migranti

Un lavoro non basta per non essere poveri: basse retribuzioni, discontinuità nell'attività lavorativa e composizione del nucleo familiare fanno la differenza nella possibilità di arrivare senza problemi a fine mese.

Si stima che in Italia un quarto dei lavoratori percepisca una retribuzione inferiore al 60% della mediana e un decimo abbia un nucleo con reddito netto equivalente inferiore al 60% della mediana, trovandosi, quindi, in condizione di povertà. In questa platea, i lavoratori migranti sono abbondantemente rappresentati. 

Il 18 gennaio è stata presentata la Relazione del Gruppo di lavoro "Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa", istituito dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando. Gli esperti hanno presentato 5 proposte, che combinano politiche predistributive, politiche redistributive e altre misure trasversali. Eccone una sintesi:


Politiche predistributive

Proposta 1: Garantire minimi salariale adeguati
Minimi salari adeguati sono una condizione necessaria (ma non sufficiente) per combattere la povertà lavorativa tra i lavoratori dipendenti. Nel caso italiano sono due le opzioni in discussione: estendere i contratti collettivi principali a tutti i lavoratori oppure introdurre un salario minimo per legge. Le due opzioni sono dibattute da tempo e si scontrano con ostacoli politici e tecnici che da anni bloccano ogni avanzamento in materia. Per questo motivo, oltre a queste due opzioni, il Gruppo di lavoro ha elaborato una terza opzione che consenta una sperimentazione di un salario minimo per legge o di griglie salariali basate sui contratti collettivi in un numero limitato di settori. Questa terza opzione, pur apportando solo una risposta parziale e non esente da problemi e complessità, permetterebbe di dare una prima risposta in quei settori in cui la situazione è più urgente mentre prosegue il dibattito sullo strumento più adatto a livello nazionale.

Proposta 2: Rafforzare la vigilanza documentale
Una volta fissato un minimo salariale per via contrattuale o legale, è essenziale che questo minimo sia rispettato (una priorità anche con il sistema vigente). Al di là della fondamentale attività ispettiva, il Gruppo considera cruciale potenziare anche l’azione di vigilanza documentale, cioè basata sui dati che le imprese e i lavoratori comunicano alle Amministrazioni pubbliche costruendo indici di rischio a livello di impresa o settore per permettere un confronto sulle anomalie riscontrate e, in caso di persistenza nel tempo, studiare strategie di intervento soft oppure guidare la vigilanza ispettiva.


Politiche redistributive

Proposta 3: Introdurre un in-work benefit
In Italia, solo il 50% dei lavoratori poveri percepisce una qualche prestazione di sostegno al reddito rispetto al 65% in media europea. In particolare, in Italia manca uno strumento per integrare i redditi dei lavoratori poveri, un in-work benefit (letteralmente trasferimento a chi lavora), che permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare. Un in-work benefit in Italia dovrebbe assorbire gli “80 euro” (ora Bonus dipendenti) e la disoccupazione parziale per arrivare a uno strumento unico, di facile accesso e coerente con il resto del sistema (in particolare, Reddito di Cittadinanza, ma anche il nuovo Assegno Unico e Universale per i Figli). Sulla base delle esperienze internazionali, il trasferimento dovrebbe essere definito a livello individuale per non disincentivare il lavoro del secondo percettore e crescere fino a una certa soglia di reddito per poi stabilizzarsi e poi decrescere. La discussione sulla riforma fiscale in corso rappresenta il luogo ideale per il disegno preciso di questo tipo di strumento.

Proposte trasversali

Proposta 4: Incentivare il rispetto delle norme da parte delle aziende e aumentare la consapevolezza di lavoratori e imprese
A queste tre misure è possibile affiancare altre iniziative per incentivare le imprese a pagare salari adeguati con forme di accreditamento (si veda, per esempio, l’esperienza del Living wage nel Regno Unito) oppure di name and shame per chi, al contrario, non rispetta la normativa sul lavoro. Per i lavoratori, poi, servono strumenti e campagne per aumentare la leggibilità dei CCNL e dei vari strumenti di sostegno al reddito per assicurarsi che i lavoratori che ne hanno bisogno possano avervi effettivamente accesso. È importante, inoltre, un’adeguata e tempestiva informazione sulle prospettive pensionistiche (la c.d. “busta arancione”) per mettere in risalto i rischi derivanti dal cumulo di situazioni di svantaggio. Infine, un più facile accesso ai tanti dati che le Amministrazioni pubbliche (nazionali e locali) raccolgono nell’espletamento delle loro funzioni sul modello “VisitINPS” consentirebbe di promuovere la ricerca in materia e misurare l’effetto che strumenti diversi possono avere nel contrastare questo fenomeno.

Proposta 5: Promuovere una revisione dell’indicatore UE di povertà lavorativa
L’indicatore di povertà lavorativa utilizzato dall’Unione europea esclude i lavoratori con meno di sette mesi di lavoro durante l'anno e presuppone un'equa condivisione delle risorse all'interno della famiglia. Così facendo, l’indicatore UE esclude i lavoratori che sono probabilmente tra i più esposti al rischio di povertà e non permette di identificare se qualcuno è in grado di avere una vita decente con i propri guadagni. È opportuna, quindi, promuovere in sede europea una revisione dell’indicatore che, sulla scorta di quanto proposto in questa Relazione, estenda la platea di riferimento e meglio prenda in considerazione i redditi da lavoro individuali.

"Le cinque proposte - sottolinea il gruppo di lavoro - vanno considerate nel complesso perché nessuna di esse presa in isolamento è risolutiva, ma soprattutto perché se non combinate con altre, alcune proposte rischiano di essere inefficaci (per esempio, un salario minimo senza controlli più stringenti) o addirittura dannose (un in-work benefit senza minimi salariali adeguati e rispettati)".

Relazione

Sintesi

Relazione del Gruppo di lavoro